Ciascuno di noi non è semplicemente il risultato di una mistura genetica e psicologica, ma anche di una serie di comportamenti educativi che in maniera inconsapevole hanno determinato il nostro modo di esistere.
Ho racchiuso questa convinzione in un concetto nuovo, ancora da esplorare e affinare: il “copione educativo”.
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Non esistono ricerche specifiche su questa bozza di costrutto perché l’ho elaborato negli ultimi anni sul piano empirico, nel lavoro quasi quotidiano con i genitori. Ne incontro moltissimi e, nel parlare dell’educazione dei loro figli, sono spesso disponibili a esplorare l’educazione che loro stessi hanno ricevuto.
Ho così scoperto che alle spalle di un genitore in particolare difficoltà, si nasconde un’educazione di un certo tipo, una modalità di relazione educativa che in qualche modo ha profondamente ferito quella persona.
Esiste in psicologia un concetto simile a quello di copione educativo: è quello del “copione di vita”, lo “script”, dell’Analisi Transazionale elaborato da Eric Berne. Eric Leonard Bernstein era uno psicologo e psicanalista canadese che negli anni Cinquanta e Sessanta maturò, come molti altri del calibro di Abraham Maslow e Carl Rogers, un progressivo distacco dalla psicanalisi tradizionale, elaborando una nuova teoria della personalità e del comportamento sociale che sarà appunto l’Analisi Transazionale.
In Italia questa teoria fu studiata e apprezzata anche da Franco Fornari, che scrisse l’introduzione al libro dello psichiatra statunitense Thomas Harris Io sono Ok, tu sei Ok in cui si divulgavano i concetti fondamentali dell’Analisi Transazionale e la loro possibile applicazione nella vita quotidiana.
Il copione educativo è quella forma ricevuta con l’educazione che segna profondamente ciascuno di noi e in un certo senso ne definisce la struttura stessa della personalità.
È una sorta di “imprinting” (affine a un altro concetto mutuato dalla psicologia, in particolare dal pediatra e psicanalista Donald Winnicot), un elemento sostanziale e pervasivo. L’immagine che collego al copione educativo è quella della creta: come se ciascuno di noi fosse creta che durante l’infanzia viene inserita in una forma.
Potrebbe essere confuso con il carattere, ma in realtà il concetto di carattere è molto controverso: sviluppato agli inizi del Novecento da alcuni psicologi, non esiste una vera ricerca scientifica sui caratteri. Jung ad esempio parlava di “tipi psicologici” sviluppando l’idea che esistano alcune strutture di personalità, senza però che vi sia stato in seguito uno studio vero e proprio di questa teoria.
Direi allora che il codice pedagogico più che definire un “carattere” struttura una certa disposizione, un orientamento, un approccio peculiare alla vita, cioè modalità complessive di affrontare l’esistenza che si strutturano durante l’infanzia a partire dall’educazione ricevuta.
Il copione educativo definisce ciascuno di noi: sei stato educato così!
Indubbiamente, comunque, il momento principale dello strutturarsi del copione sono i primissimi anni, dalla nascita al sesto anno, un periodo della vita dove le difese sono bassissime e la dipendenza dalle figure genitoriali o da figure adulte di riferimento è al massimo.
QUALCHE ESEMPIO DI COPIONE EDUCATIVO
Esiste una casistica con la quale mi imbatto frequentemente nella mia prassi di consulenza ai genitori. Alcuni copioni sono più immediati e facili da cogliere, altri invece sono più complessi e non emergono immediatamente. Spesso tra quelli che emergono con più evidenza ci sono il vittimismo, l’euforia, l’umorismo, la distrazione sistematica, la rassegnazione, l’autosvalutazione, la petulanza, l’ipercontrollo, l’autolesionismo, la ricerca di risarcimento.
Un copione pedagogico di autosvalutazione può derivare, ad esempio, da una prassi educativa genitoriale di svalutazione sistematica. Una madre che utilizza inconsapevolmente un continuo atteggiamento di colpevolizzazione del figlio o di mortificazione delle sue capacità, magari anche mascherato dall’ironia, produce un copione che struttura il figlio con una bassa autostima, insicurezza e senso di inadeguatezza. In questo senso ho un ricordo personale. Mia madre, quando avevo otto anni, e combinavo qualche birichinata, mi diceva: “Vado dal prete a confessare quello che fai a tua madre!” con una torsione del significato del sacramento della confessione decisamente originale, ma perfettamente in linea con quello che era il suo atteggiamento verso di me.
Un altro esempio di copione educativo riguarda il bisogno di provare fatica fisica: alcune persone non riescono a viversi fuori da questa dimensione. Gli alpinisti, i ciclisti, i maratoneti sono fra queste. Per loro una vita priva di sforzo è quasi ancora più faticosa. Ma questo approccio alla fatica è chiaramente un modello educativo, come, al suo opposto, il tema della pigrizia: non appartiene all’autenticità di un bambino o di una bambina ma gli viene con segnato con un copione.
Il bisogno di dimostrare di valere è un tipico copione educativo spesso in relazione con la competizione tra fratelli. Può generare “campioni” ma anche gravi depressioni.
Il controllo come schema di vita rappresenta un copione educativo di paura, in genere trasmesso da genitori ansiosi ed esageratamente apprensivi.
Ovviamente il copione pedagogico può essere anche di natura benevola come quello basato sulla fiducia, sulla creatività, sulla generosità, sulla collaborazione, sul successo, che strutturano una capacità nel saper vivere in contatto con le proprie risorse.
LAVORARE SU DI SÉ PER OCCUPARSI DI EDUCAZIONE
Il cambiamento e la crescita personale dipendono anche dalla capacità di riconoscere e di lavorare su questa parte di sé stessi. Non si tratta di un percorso semplice perché legato ai primi anni di vita di cui non c’è quasi memoria. Certamente ciascun bambino ha risorse e doti da mettere in campo di fronte all’agire educativo dei propri genitori ma, come afferma Alice Miller, spesso queste doti devono essere utilizzate per seguire il meglio possibile il copione ricevuto non per opporsi a esso, anche perché è proprio questo che può consentire la sopravvivenza. Non parlo di traumi ma comunque il copione educativo ha a che fare con ciò che siamo, con la sopravvivenza, non semplicemente o solamente fisica, ma con il fatto di essere effettivamente vivi, vitali.
Chi opera e lavora in ambito pedagogico, nell’educazione, nelle relazioni d’aiuto con le famiglie e i genitori, deve avere questa consapevolezza: quello di cui ci occupiamo quando parliamo di educazione è collegato a temi importanti, profondi. Per questo, come già scrivevo diversi anni fa nel mio libro L’ascolto si impara, i professionisti dell’educazione hanno la responsabilità di lavorare su sé stessi per riconoscere i motivi che permettono loro di sintonizzarsi con le persone che chiedono aiuto.
Non ci può essere vero aiuto se non c’è questa sintonizzazione con la propria storia. Il rischio altrimenti è di lavorare esclusivamente con un approccio tecnico, come un meccanico che aggiusta un’automobile.
I genitori, gli insegnanti e chiunque incontri un professionista nell’ambito delle relazioni d’aiuto, deve percepire che si tratta di qualcuno che ha comunque affrontato quello che chiede a loro di affrontare.
Il grande fisico Niels Bohr, il padre della meccanica quantistica, sosteneva: “L’esperto è colui che, in un settore molto limitato della vita, ha fatto tutti gli errori possibili”. È proprio l’avere attraversato un certo territorio dell’esistenza che permette di aiutare gli altri perché se ne ha la mappa. Più il percorso è stato tortuoso, difficile, pieno di tentativi e anche di errori, più sarà dettagliata. È la mappa che ci legittima nel nostro supportare gli altri nei loro processi di crescita personale. Nella dimensione della condivisione e sintonizzazione emerge che il sapere dell’esperto non è asettico, neutro, semplicemente accademico, ma un sapere di vita che nasce da una ricerca personale.
Occorre mettere le persone nella condizione di liberarsi dall’incombenza esistenziale di copioni educativi che possono impedire di crescere.
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PARTIRE DALLE DOMANDE
Negli anni ho sperimentato alcune domande che possono essere utili per attivare percorsi di esplorazione della propria storia educativa.
Una che pongo di frequente riguarda l’essere o l’avere un figlio unico. Perchè vostro figlio è figlio unico? Ma anche, ancora più interessante, perchè voi siete figli unici? La domanda ovviamente può declinarsi sulla base della storia individuale (perchè sei la prima di quattro figli nati uno ogni anno)?
Ricostruire la propria storia personale è difficile, ma essenziale in questo percorso.
Suggerisco spesso ai genitori di parlare con i loro genitori. È importante infatti non perdere l’occasione di interrogare i genitori o comunque chi ha avuto un ruolo significativo nell’infanzia di una persona. Anche se non sempre i propri genitori sono disponibili a raccontare davvero quello che è accaduto, l’importante è raccogliere informazioni perché spesso piccole notizie si compongono pian piano, come tessere di un puzzle, e il disegno si intravede. Anche nel lavoro dello storico è raro trovare il reperto davvero decisivo, ma più spesso sono tanti tasselli che aiutano, con una buona approssimazione, a ricostruire la verità.
Un altro strumento utile a recuperare informazioni sulla propria storia educativa sono le fotografie.
Le fotografie rimandano tante suggestioni, consentono anche in momenti diversi della vita, di attingere a informazioni che nel tempo erano sfuggite.
DAL COPIONE EDUCATIVO ALLA CRESCITA PERSONALE
Sono tre i passaggi che, lavorando sul proprio copione educativo, portano a un processo di crescita personale: l’individuazione del copione; la comunicazione e il dialogo con lo stesso; la sua gestione.
L’educazione che ciascuno di noi ha ricevuto è come una pelle che ci è stata messa addosso. Non è la nostra vera natura.
Una volta individuato il copione occorre entrare in una dialettica. Ti riconosci in quel copione? È qualcosa di davvero tuo o no? Cosa te ne fai? L’educazione ricevuta è comunque qualcosa che ti hanno messo addosso, ma a un certo punto bisogna riappropriarsene.
Non esiste una via unica per fare questo lavoro di recupero, dipende dal tipo di copione e dalla sua pervasività, come dalla disponibilità e dalla sostenibilità individuale. In genere ovviamente la psicanalisi può essere d’aiuto ma di fronte a un genitore in difficoltà difficilmente ci sono i margini per proporre e poter aspettare gli esiti di un percorso di analisi che affronti davvero i nodi da affrontare. Per questo occorre elaborare possibilità alternative.
L’ultimo passaggio implica la capacità di gestione di questa nostra pelle educativa, nella prospettiva di sviluppare un cambiamento. Dobbiamo riprenderci l’educazione, la nostra educazione, l’educazione di chi ci chiede aiuto, l’educazione dei bambini e dei ragazzi, non in un delirio di onnipotenza, quanto in uno scambio generativo e maieutico. Occorre rendere possibile un processo creativo per liberarsi di quello che non serve più, di quello che blocca l’autenticità profonda.
La formazione in età adulta non è un aggiungere ma un togliere, un alleggerirsi di strati che ci sono stati messi addosso, che coprono ciò che siamo e possiamo diventare, e che influiscono sulle nostre capacità educative, su ciò che stiamo consegnando alle nuove generazioni.
Articolo di Daniele Novara, pedagogista e direttore CPP.
Estratto da Il copione educativo di Daniele Novara, pubblicato sulla rivista Conflitti, n°2/2019.
daniele.novara@cppp.it