L’enfasi che spesso mettiamo sui concetti di armonia, accordo, cooperazione e sintonizzazione lascia in secondo piano un elemento molto importante e, se si vuole, ovvio, ossia che per raggiungere queste composizioni bisogna saper lavorare sul loro contrario: il contrasto.
Bypassare questa fase puntando dritti alla soluzione rischia di rendere molto difficile risolvere – nella logica dello sciogliere – qualcosa che non è chiaro.
La fase della comprensione del problema, se non del conflitto, risulta fondamentale proprio in funzione di un’evoluzione della problematica stessa. Pertanto, più si accentua l’enfasi sulle contrapposizioni e le contraddizioni dentro a una determinata situazione e più è facile poterla visualizzare, cogliendone anche gli elementi che possono portare a nuove visioni del problema stesso.
Così avviene nel dibattito maieutico dove il problema, nella prima fase, viene sviscerato nella sua complessità, non si cerca di sdrammatizzare o sminuire.
Lo si affronta senza riduzionismi derivanti dal timore di agitare troppo la contrapposizione.
Rimando al proposito ai testi classici del grande Paul Watzlawick sulla comunicazione come capacità di uscire dalla convenzione e raggiungere la sostanza del discorso anche con componenti paradossali. Watzlawick sostiene la visualizzazione del problema nelle sue varie sfaccettature: più c’è dissidio e più aspetti del problema vengono fuori, evitando così la cristallizzazione.
Pensiamo alla questione di dare la patente a ragazzi e ragazze di 16 anni di età. Io posso ritenere che sia una stupidaggine, ma, nel confronto critico, emerge che diversi Stati del mondo, specialmente in area anglosassone, hanno garantito questo permesso di guida già da molto tempo. La mia diviene solo un’opinione fra le tante.
La mia pretesa di avere l’ultima parola rispetto a questo problema appare illegittima. Possiamo quindi incominciare a discutere di altro, come ad esempio l’applicazione di questa norma sulla patente a 16 anni nei Paesi che già la dispongono sviluppando l’analisi del problema pur mantenendo ciascuno opinioni diverse.
L’elogio del disaccordo è in realtà l’elogio della ricerca di nuovi punti di vista, non del muro contro muro in quanto tale, ma della possibilità che, sollecitando opinioni diverse, emergano, come succede nel dibattito maieutico, punti di vista che aprono nuovi spiragli e possono garantire un cambiamento nella percezione stessa del problema.
Il confronto si pone in antitesi alle modalità basate sul sotterfugio, sul pettegolezzo, sul dire e non dire. Il conduttore invita a esprimere esattamente il proprio punto di vista, favorisce un confronto trasparente.
Il disaccordo si discosta quindi anche dalla polemica, termine che proviene dal greco polemikos (guerresco) da polemos (guerra), ovvero quelle forme di contrapposizione per il gusto della contrapposizione in sé e del vincere. Il contesto di disaccordo serve per trovare nuove vie e nuovi punti di osservazione.
Ci troviamo in campo aperto.
Normalmente siamo abituati alle triangolazioni, ai giochi di carambola, ossia a colpire uno per raggiungere l’altro, a tutto ciò che appartiene a quel chiacchiericcio pettegolo che domina consapevolmente o inconsapevolmente la nostra vita quotidiana impedendoci di respirare l’ossigeno del confronto aperto, sostanzialmente senza secondi fini, legato al mettere in campo le proprie opinioni e i propri pensieri.
Un’esperienza nuova per i tanti ragazzi e ragazze, forse nuova anche per gli adulti che li seguono, ma straordinariamente efficace.
Testo estratto dall’articolo di Daniele Novara “Il dibattito maieutico. Uno strumento maieutico per imparare a “dire la propria”, pubblicato sulla rivista Conflitti n°3-2023.