Dal punto di vista cerebrale, i rapporti tra emozione e cognizione dipendono da quelli tra la corteccia e il sistema limbico, associati tra loro da numerose connessioni nervose.
La corteccia cerebrale ha il compito di integrare le reazioni dei nuclei del sistema limbico coinvolti nell’emozione e di paragonarle con quelle che hanno avuto luogo nel passato in occasione di eventi simili: in tal modo le informazioni del presente vengono allacciate a quelle del passato, il che assicura una dimensione temporale alla memoria.
L’emozione conferisce così una dimensione calda ai ricordi, fa sì che essi non siano soltanto eventi ma eventi significativi che possono avere un aspetto prevalentemente positivo, come avviene nelle persone ottimiste, oppure negativo.
I modi in cui le emozioni influenzano le funzioni esecutive (attenzione, memoria, valutazioni, decisioni, ecc.) sono molteplici e non dipendono soltanto dalle interazioni tra sistema limbico e corteccia ma da numerose modifiche vegetative che le emozioni inducono nel nostro corpo, modifiche che non hanno soltanto il compito di informare il cervello che il suo corpo è emozionato, caratterizzando così alcune esperienze, ma anche quello di esercitare un effetto sulla memorizzazione delle esperienze, cioè sull’efficienza dei meccanismi della memoria.
La capacità di comprendere e gestire le emozioni è un’abilità fondamentale nel gestire le relazioni interpersonali.
Per entrare in sintonia con un’altra persona è fondamentale aver sviluppato una buona padronanza di sé, un equilibrio interiore e una buona conoscenza dei propri sentimenti.
Queste interazioni tra emozione e cognizione maturano a partire dall’infanzia.
È disponibile il video corso on demand “Abbracci e litigi” per diventare allenatori emotivi per i bambini e per aiutarli a gestire le proprie emozioni come risorsa per la loro crescita.
I bambini, infatti, per poter apprendere in modo efficace devono aver sviluppato delle capacità fondamentali di cui fanno parte:
- la fiducia in se stessi, cioè un senso di controllo e padronanza sul proprio corpo, sul proprio comportamento e sul proprio mondo
- la sensazione di avere maggiori probabilità di riuscire piuttosto che di fallire
- la curiosità, basata sul fatto che la scoperta sia un’attività positiva e fonte di piacere
- l’intenzionalità, cioè il desiderio e la capacità di essere influenti e perseveranti
- l’autocontrollo, vale a dire la capacità di modulare e controllare le proprie azioni in modo appropriato all’età (controllo interiore)
- la connessione, cioè la capacità di impegnarsi con gli altri, basata sulla sensazione di essere compresi e di comprendere gli altri
- il desiderio e la capacità di scambiare idee, sentimenti e concetti con gli altri
- la capacità di cooperare, l’abilità di equilibrare le proprie esigenze con quelle degli altri in un’attività di gruppo.
Recenti studi di neuroimaging (tecniche di diagnostica per immagini applicate al cervello) indicano che, a partire dall’infanzia, la capacità di riconoscere un sentimento nel momento in cui esso si presenta è una forma di autoconsapevolezza, intesa come una continua attenzione verso la propria esperienza: la consapevolezza emotiva si traduce in un’attivazione simultanea di aree cerebrali implicate nell’emozione e nell’analisi cognitiva.
Il monitoraggio dei sentimenti è importante per la comprensione globale di sé stessi, poiché grazie alla consapevolezza si riescono a gestire molto meglio le varie situazioni della vita.
I nostri sentimenti, tuttavia, non sempre raggiungono l’autoconsapevolezza. Di conseguenza, in molti casi le nostre reazioni emotive sono dovute al fatto di aver prestato attenzione solo ad alcuni dati, trascurandone altri molto rilevanti.
Ecco perché l’educazione emotiva dei bambini ha un impatto sulla conoscenza di sé, sulle relazioni interpersonali, e sui processi cognitivi.
È un’educazione che si basa sulla “lettura” delle proprie emozioni e di quelle degli altri, sulla comprensione e analisi di un racconto, sulle emozioni che suscita un dipinto, una corsa all’aria aperta, in poche parole sul saper prestare attenzione a ciò che proviamo e a ciò che riteniamo che provino gli altri.
Estratto dall’articolo di Alberto Oliverio, neurobiologo fra i maggiori studiosi di neuroscienze, “A gestire le emozioni si impara da bambini” pubblicato sulla rivista Conflitti n°4 2017.