La scuola italiana è in crisi, aggravata dalla precarietà di oltre 250.000 insegnanti che in questi giorni di inizio scuola si stanno scontrando con la chiamata tramite gps per le supplenze. I concorsi pubblici, strumento principale per l’accesso alla professione, si dimostrano insufficienti a garantire stabilità e continuità. I meccanismi di reclutamento, lenti e burocratici, lasciano molte cattedre vacanti o affidate a precari, compromettendo così la qualità dell’istruzione.
Lo stato della scuola
Una scuola che promuove l’apprendimento e la crescita degli alunni si fonda sulla professionalità degli insegnanti. Tuttavia, l’attuale sistema di reclutamento che passa dallo sbarramento delle gps sembra ostacolare piuttosto che facilitare l’ingresso alla professione per chi ha una predisposizione all’insegnamento. Un buon insegnante non è solo un esperto nella sua disciplina, ma deve possedere una reale motivazione alla professione, competenze relazionali, empatia e intelligenza emotiva, oltre a solide competenze pedagogiche. Queste qualità permettono di favorire cambiamenti significativi negli alunni e di motivarli a crescere.
Purtroppo, molti insegnanti si trovano a replicare metodi del passato, utilizzando strumenti obsoleti in un contesto moderno e complesso. Questo approccio è inefficace, e spesso è l’unico che gli insegnanti conoscono per iniziare. Il percorso formativo attuale, finalizzato all’abilitazione, è principalmente teorico e frontale, e non fornisce le competenze pratiche necessarie, impedendo di fatto di valutare la propria “tenuta psicologica ed emotiva” nella gestione delle classi.
Come imparano gli alunni?
Gli alunni, infatti, non imparano solo dalle lezioni frontali, ma anche e soprattutto dall’interazione con i compagni. L’apprendimento collaborativo e l’uso di metodi interattivi si dimostrano molto più efficaci per lo sviluppo delle competenze. La compresenza degli alunni in classe, considerata uno dei dispositivi pedagogici più efficaci, permette di valorizzare anche il ruolo degli insegnanti come facilitatori e guide.
L’attuale sistema di formazione degli insegnanti, però, è diventato un percorso tecnico e costoso, che impone ostacoli burocratici e crea disuguaglianze. Si tratta di una formazione teorica che non aggiunge valore né sviluppa competenze pratiche. Invece di valorizzare la passione per l’insegnamento, si richiede un impegno economico e di tempo eccessivo che spesso scoraggia i candidati più motivati e capaci.
Cosa serve?
La formazione deve essere accessibile, pratica e significativa, non un peso che allontana dal vero obiettivo: formare insegnanti competenti e motivati. Se non si investe adeguatamente nella formazione e nel reclutamento degli insegnanti, superando magari il sistema di supplenza tramite gps, la scuola italiana rischia di fallire nella sua missione educativa. È indispensabile un cambiamento che metta al centro gli insegnanti, riconoscendo il loro ruolo cruciale e fornendo loro gli strumenti per svolgere al meglio il loro lavoro.
Antonella Gorrino
Insegnante, pedagogista e formatrice CPP