“Caro amico ti scrivo…” “Cara amica ti scrivo…”
Qualche giorno fa mi trovavo in auto con il mio nipotino Leo di sei anni appena compiuti.
La radio era accesa. Il telegiornale inizia con la guerra a Gaza e le sue stragi.
Prosegue con quello che i media chiamano «conflitto in Ucraina», in realtà una guerra a tutto tondo, per poi passare a un femminicidio.
Senza attendere la notizia successiva, decido di spegnere vista la presenza del bambino.
Stiamo vivendo un tempo davvero difficile.
La violenza della guerra, con tutti i suoi corollari – distruzione del nemico, distruzione dei bambini, distruzione delle donne, distruzione dei civili, vittoria a ogni costo, bombardamenti e stragi, annichilimento della controparte – ha bucato l’immaginario collettivo e se ne è impadronita.
Nell’Europa Premio Nobel per la Pace 2012 per essere riuscita a diventare, dopo due guerre mondiali, una vera e propria Comunità di ventisette Stati, l’idea di essere colonizzati da questo linguaggio bellico appare drammatica, specie per chi si occupa di crescita delle nuove generazioni.
L’utilizzo che si è fatto, e si sta facendo, del termine «conflitto» come sinonimo di «guerra» rappresenta una delle nefandezze peggiori perché rafforza la percezione che qualsiasi contrasto, qualsiasi discussione, qualsiasi confronto, qualsiasi contrarietà relazionale coincidano esattamente con la guerra ponendo le basi di una paura diffusa.
Scrivo queste righe con preoccupazione, ma anche sapendo che da trentacinque anni nel mio lavoro e nel lavoro dell’Istituto che ho fondato e dirigo, il CPP – Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti, lavoriamo per respingere questa prospettiva rafforzando per tutte le persone che incontrano le nostre proposte quelle sicurezze profonde che non risiedono nel farsi giustizia da soli, ma nel saper rispettare gli altri rispettando sé stessi.
Sto parlando di quella «competenza conflittuale», quel mix di disposizione all’ascolto e alla buona comunicazione, ma anche alla capacità di esprimere le proprie ragioni e la propria assertività. O ci rafforziamo su questi versanti oppure questa ondata di immaginario negativo può effettivamente travolgerci.
Non solo… Ci occupiamo di buona educazione, di pedagogia, quella maieutica, che ho definito Metodo Daniele Novara, e che offre tutte quelle informazioni, quelle tecniche e quei dispositivi che permettono di attivare processi di apprendimento efficaci e duraturi per sviluppare le risorse e le autonomie dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze, degli alunni e delle alunne dando a genitori e insegnanti la fiducia e il riconoscimento che si meritano e che in questi anni è assolutamente mancato.
Fondai il CPP nel 1989 su due pilastri: la ricerca scientifica, ossia stare nella realtà di quella che è la conoscenza acquisita, e la creazione di un servizio per un apprendimento che consentisse a tutti di migliorare le proprie risorse. Siamo diventati un centro di eccellenza, una scuola per tutti e tutte, una scuola che si sceglie «da grandi», in quell’età in cui le scelte sono effettivamente personali. Una scuola che permette di sganciarsi da un percorso che altri hanno deciso e che consente di diventare realmente sé stessi, liberi dai vincoli del passato, da quello che ho chiamato «copione educativo», un abito messo addosso a ciascuno e che ne ha condizionato la vita.
Le proposte sono tante.
Abbiamo un catalogo ricco e articolato: la scuola per diventare counselor a indirizzo maieutico; i tanti corsi online, anche on demand; quelli in presenza sia brevi che annuali; il metodo Litigare Bene; le Scuole Genitori; numerosissimi interventi a richiesta sul territorio; la rivista Conflitti – oggi online e gratuita. A questi si aggiungono i libri che forniscono tante occasioni per trovare nuovi punti di vista.
Sono orgoglioso che negli anni il nostro Centro sia cresciuto così tanto.
E infine i grandi convegni… Abbiamo iniziato nel 2017 a Milano, al Teatro Carcano, realizzandone, prima di essere bloccati dal Covid, uno all’anno con circa mille-mille cinquecento persone. Un’intera giornata di esperienze straordinarie dove si respira un entusiasmo e una voglia di scavallare le pure e semplici convenzioni per aprirsi spazi innovativi.
Anche quest’anno il convegno si terrà in presenza: 20 aprile 2024, a Piacenza, nel trentacinquesimo del CPP. Il titolo non necessita di sinossi: La scuola non è una gara! Contiene quello che dobbiamo e possiamo chiedere alla comunità scolastica perché costituisce l’istituzione fondamentale della nostra convivenza. La vogliamo libera da zavorre.
Ce la possiamo fare, ancora una volta. Rivederci e sentire una presenza comune sarà una boccata d’ossigeno per riprendere a sognare e a credere che un nuovo inizio è sempre possibile.
Anche nel 2024 non perderti le nostre proposte. Tanti nuovi apprendimenti ti attendono!
Ti aspettiamo!
Daniele Novara, direttore CPP.