Mutuo insegnamento: come si struttura in classe?

In vista del nostro convegno di fine agosto, alcuni consigli su come iniziare a praticare in classe il mutuo insegnamento.
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Il mutuo insegnamento a scuola è possibile

Come possono insegnanti ed educatori favorire il processo di muto insegnamento?

La disposizione della classe

Favorire il processo di mutuo insegnamento è una questione strettamente pedagogica e didattica. Pensiamo solo alla collocazione dell’aula che in quella tradizionale, gestita da operatori che hanno alle spalle la vecchia immagine della classe di una volta che è frontale, c’è la cattedra e di fronte tutti i banchi. In una recente consulenza un ragazzo mi spiegava che la disposizione nella sua classe di prima superiore, con 28/29 alunni, è con la cattedra e tutti davanti “impacchettati” letteralmente. In aula la prima cosa è disporre l’ambiente. Questo è un tema molto caro a Maria Montessori, l’ambiente fa la scuola, quindi come disponiamo la classe è fondamentale.

Ovviamente io sono per una disposizione flessibile, plastica, dove si possono comporre e ricomporre i banchi, le sedie, i tappetoni, lo stare in piedi e seduti, muoversi, alzarsi. La classe deve essere uno spazio dinamico, non è che necessariamente dobbiamo passare dalla disposizione frontale a quella circolare, rischiamo di riprodurre una cristallizzazione. La prima necessità è che l’aula deve essere uno spazio modulabile, in modo che da subito gli alunni capiscano, ad esempio, che mettendo i banchi assieme e le sedie assieme incominciano a comporre una precisa disposizione al lavoro comune.

L’abbandono della lezione frontale.

Il secondo elemento per favorire il mutuo insegnamento è l’abbandono della lezione frontale come metodo principale, se non in certi momenti. Purtroppo ci sono casi nei quali è l’unico metodo che l’insegnante utilizza per fare scuola. Se noi vogliamo una didattica sociale bisogna che questa abbia anche una sua coerenza. Ricordo quando negli anni ’90 andavo nelle scuole e c’era sempre l’insegnante che mi diceva che non faceva il lavoro di gruppo per il rischio di troppa confusione. Ma se si fa lavoro di gruppo una volta al mese e logico che quello diventa un momento carnevalesco e non un momento scolastico. Noi dobbiamo decidere se vogliamo una didattica sociale o una didattica unidirezionale e individualistica, non individualizzata. Questa è la decisione che ogni insegnante, all’inizio del suo lavoro e con i suoi colleghi, deve prendere per creare un baricentro, che a mio avviso va spostato sui ragazzi.

Il lavoro sociale tra gli alunni.

Poi la terza questione è che il lavoro sociale tra gli alunni, il lavoro di mutuo insegnamento, va predisposto, in questo sono dell’idea che questa fossilizzazione dell’orario di lavoro degli insegnanti, basato unicamente sulle ore di lezione, ad esempio diciotto alla secondaria e ventiquattro alla primaria, e via così, non stia più in piedi.

Gli insegnanti fanno molte più ore di quelle che abbiamo appena detto. L’orario di lezione non è l’orario di lavoro, se lo capiamo allora saremo in grado di costruire un orario di lavoro che preveda la preparazione e la progettazione in equipe con i colleghi. Preparare un lavoro significa essere in grado di preparare anche gli spazi di lavoro dei nostri alunni. Creare situazioni stimolo, situazioni di laboratorio, quelle occasioni dove, ad esempio attraverso il mutuo insegnamento, gli alunni imparano a lavorare insieme. Ma se non c’è uno spazio di progettazione è logico che l’insegnante adotta i metodi di quando era a sua volta alunno, cioè parlare e sperare che qualcuno lo ascolti.

A scuola si impara dai compagni

Torniamo anche sulla domanda iniziale, io, sulla base dei miei studi e delle mie esperienze, sono assolutamente dell’idea che a scuola si impari dai compagni. Ma per creare questa condizione bisogna anche creare le condizioni di motivazione socio-affettiva, cioè bisogna star bene a scuola, con i propri compagni di classe. Ad esempio che quando un bambino organizza la festa del suo compleanno abbia il desiderio di invitare i compagni di classe, è fondamentale, se non ti vedi con i compagni di classe vuol dire che c’è qualche problemino.

La gita scolastica

Su questo versante ho chiesto al dottor Alberto Pellai, che è anche un caro amico, di darci una mano proprio perché lui lavora su questi aspetti socio-psico-emotivi che aiutano a costruire una motivazione, quindi a creare quell’ambiente. Ad esempio fare la gita scolastica all’inizio dell’anno scolastico, anziché alla fine. Non può essere un premio ma deve essere una condizione che ti permette di lavorare il meglio possibile lungo tutto l’anno. Un dispositivo che si usa tantissimo nel nord Europa, alla fine di agosto quando loro cominciano la scuola. Vedi nei campeggi, negli alberghi o negli ostelli gli alunni delle scuole che stanno facendo proprio la gita di 3 o 4 giorni. Rafforza il gruppo.

Qualsiasi insegnante, facendo la gita di classe, si è accorto che quello che durante le ore di lezioni era una sorta di lavativo, improvvisamente si trasforma in un grande animatore. Detto in gergo sportivo, fa spogliatoio. Sono quelle attività socio-affettive di cui anch’io ho parlato tanto nel mio libro “con gli altri imparo”, un libro antico di cui la prima edizione è degli anni ’80. Necessarie per costruire la conoscenza, la comunicazione, la capacità di dialogare e gestire i conflitti. Insomma tutte quelle azioni che permettono di andare a scuola con un ambiente vivo, emotivamente caldo. Su questo abbiamo chiesto la collaborazione di Aberto Pellai.

Il convegno di fine agosto

Una collaborazione che ci ha portati a proporre “A scuola si impara dai compagni”, il nostro nuovo convegno di fine agosto. Non solo io e Pellai. Anche tanti miei collaboratori, espertissimi su come creare un convegno di servizio dove gli insegnanti si porteranno a casa delle nuove competenze. Lavoreremo molto sul ricostruire cosa vuole dire mutuo insegnamento. E come applicarlo nei vari ambienti scolastici, trasversali, che possono andare dalla scuola dell’infanzia, alla scuola primaria, fino alla scuola secondaria. Dappertutto è necessario costruire una didattica sociale, perché in questo modo attiviamo la motivazione, riduciamo l’abbandono scolastico e anche la demotivazione scolastica. Se un alunno va contento a scuola è un vantaggio per tutti, ce la può fare, è felice e quindi riesce anche a concentrarsi maggiormente.


Testi tratti dall’intervista a Daniele Novara dal titolo Si impara dai propri compagni, ma come si struttura una classe con l’adozione del mutuo insegnamento?. L’intervista è pubblicata su Orizzonte Scuola a firma Fabio Gervasio. Qui per leggerla tutta.

Il mutuo insegnamento a scuola è possibile

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