Camilla mi viene inviata da un suo amico che in passato avevo seguito in un percorso individuale nel nostro teatro di psicodramma. Anche la terapeuta che frequenta regolarmente da circa un anno è d’accordo che possa integrare il percorso di cura psicologica con un approccio incentrato sull’espressione e l’integrazione di linguaggi psicocorporei ed espressivi tipici del metodo usato nel teatro di psicodramma.
La storia di Camilla
Quando la incontro per la prima volta, prima di entrare nel teatro di psicodramma, ha appena compiuto 32 anni, è notevolmente in sovrappeso, poco curata nell’abbigliamento e con un’espressione colma di angoscia. Piange a lungo e con fatica mi racconta che non riesce a svincolarsi dalla storia con un uomo “fantasma” che la prende e la molla a suo piacimento.
Era stata conquistata dal suo bell’aspetto e dalle attenzioni speciali che le aveva riservato. Per lui aveva interrotto la convivenza con il suo primo ragazzo e dopo i primi mesi di corteggiamento e di attenzioni, lui inizia a manifestare una certa ambivalenza, negando il valore della loro relazione e, ambiguamente, alterna atteggiamenti svalutanti ad altri fortemente seduttivi che lei confonde come rinnovato interesse nei suoi confronti. Il pensiero di lui la pervade completamente e tutto il resto passa in secondo piano.
Non frequenta più gli amici di sempre e spesso si abbuffa di dolci. Anche il suo stato di salute ne risente ed è sovente costretta ad assentarsi dal lavoro. Anche la sua famiglia si preoccupa, soprattutto la madre che l’ha convinta a chiedere aiuto psicologico. Sente invece più distanti il padre e il fratello. I genitori si sono separati quando Camilla aveva 12 anni.
L’aiuto prima del teatro di psicodramma
Sono colpita da questa sua disperazione, ma sento che devo contenere quel pianto così particolare, così profondo che richiama un dolore che viene da lontano. Sento di poter accogliere la sua richiesta d’aiuto anche sostenuta dalla sua psicoterapeuta.
Camilla si è rivolta a me come psicodrammatista, si aspetta che nel teatro di psicodramma accada qualcosa di nuovo, così come è successo al suo amico più caro che le ha raccontato del suo percorso e delle cose “speciali e liberatorie” che nel teatro di psicodramma accadono.
Camilla è consapevole di avere un problema di dipendenza affettiva, ha voglia di stare meglio e questo costituisce il primo passo per uscire dal buio del tunnel che sta attraversando.

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La condivisione fuori dal teatro di psicodramma
Condivido con lei qualcosa di personale dicendole che anch’io alla sua età ho attraversato una profonda crisi, ma che con l’aiuto di un terapeuta ne sono uscita rafforzata e consapevole ed è proprio da quell’esperienza così difficile che ho apportato significativi cambiamenti nella mia vita. Occorre infondere fiducia e speranza e nutrire da subito l’alleanza e la relazione come terreno fertile su cui poggiare il lavoro di scoperta anche attraverso le tecniche specifiche del teatro di psicodramma.
Il tema dell’alleanza terapeutica è stato concettualizzato da vari autori, mi preme citare Irvin Yalom che invita i terapeuti ad essere aperti, sinceri e coraggiosi. Consiglia di lavorare su sé stessi, di conoscersi a fondo, per poter essere consapevoli di quello che si muove dentro di noi nel tempo condiviso con la persona che ci chiede aiuto per essere pronti a “condividere l’oscurità dell’ombra…e portare i pazienti più lontano di dove siete arrivati voi stessi”.
L’arrivo del teatro di Psicodramma
Camilla durante quel primo incontro mi intenerisce e mi emoziona facendomi tornare indietro nel tempo ad incontrare i miei ricordi di giovane donna che aveva sofferto. Le propongo un ciclo di incontri individuali nel teatro di psicodramma con l’obiettivo di imparare a dialogare con le emozioni difficili e i pensieri ossessivi che tanto la spaventano.
Il teatro di psicodramma diventa dunque il luogo dove Camilla può sperimentare una modalità nuova di sentire sé stessa e il proprio corpo. Proprio come fanno i bambini inizia a giocare e a dare forma a parti simboliche di sé attraverso il materiale scenico messo a disposizione (teli colorati, oggetti, maschere), può disegnare e dipingere e sperimenta da subito e con un certo sollievo che è in grado di creare e anche di dare voce in maniera più semplice a certi vissuti emotivi finora inespressi come la rabbia e il senso di frustrazione per non essere stata vista soprattutto dal padre.
A lui si rivolge, attraverso la tecnica della sedia vuota, per dirgli: “è tutta la vita che cerco di raggiungerti, hai sempre preferito a me il tuo figlio maschio, mi hai lasciata sola ad occuparmi troppo presto della mamma e della sua fragilità…sono ancora qui che aspetto il tuo riconoscimento che non arriva mai”. È la prima volta che riesce ad esplicitare in modo chiaro un importante nodo conflittuale e che comprende di essere stata disposta a tutto pur di conquistare l’amore di quel padre sempre così lontano. Ricorda, di averlo sempre difeso dagli attacchi della madre e di avere testimoniato il falso, con lo scopo di proteggerlo, davanti al giudice del tribunale durante i tremendi giorni della separazione giudiziale.
Le tappe nel teatro di psicodramma
Questo passaggio costituisce una tappa fondamentale del suo percorso e le consentirà di velocizzare il distanziamento dall’uomo del presente di cui credeva di essere innamorata. Inizia a prendersi cura del suo aspetto fisico sottoponendosi a una dieta drastica che le fa perdere molti e troppi chili in poco tempo, fa molta attività fisica e riempie tutte le sue serate di impegni. Camilla cerca di colmare in modo diverso il vuoto profondo che incomincia a riconoscere.
È pronta per un passaggio nel gruppo di teatro di psicodramma. Durante il primo incontro esplicita la sua motivazione dicendo:
“Vorrei costruire la mia identità con maggior equilibrio per non sentirmi più divisa in due. Ho capito che convivono in me, ora in modo molto più mitigato, una parte esplosiva e maniacale e una depressiva ed era proprio quest’ultima che teneva a bada l’altra. Vorrei imparare a gioire e godere della vita senza eccessi e senza il bisogno continuo e costante dell’approvazione altrui, come se avessi sempre fame d’amore. Vorrei imparare a riconoscermi e ad accettarmi nel mio insieme”.
Un’altra tappa è raggiunta e il viaggio di Camilla continua.
Testo tratto dall’articolo di Anna Boeri “La storia di Camilla e la fame d’amore” pubblicato su Conflitti.